Kernel standard di Linux per Android. Google ci pensa

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Google, in futuro sogna di utilizzare il kernel standard di Linux per Android

Durante la Linux Plumbers Conference, gli ingegneri di Google hanno mostrato i loro piani per cercare di ridurre la frammentazione che caratterizza il mondo Android. Il piano è quello di poter integrare il kernel standard di Linux per le prossime versioni di Android. Come ben sappiamo, il sistema del robottino verde si basa su quello del pinguino ma subisce tantissime modifiche prima di approdare in versione definitiva sui vari smartphone.

In pratica, tra il kernel di Linux LTS (Long Term Support) e ciò che vediamo sugli smartphone Android che poi vengono rilasciati passano sostanzialmente tre fasi importanti. Il kernel Linux LTS viene modificato da Google che lo trasforma in un kernel Android standard.

A questo punto, il kernel viene inviato ai produttori di SoC (come Qualcomm per i processori Snapdragon) che a loro volta apportano ulteriori modifiche sulla base della relativa piattaforma mobile.

Questo kernel arriva infine nelle mani dei produttori di smartphone (Samsung, Huawei, Xiaomi, ecc…) che lo modificano per renderlo compatibile con tutto il resto dei componenti hardware, come display, fotocamera, altoparlanti e qualsiasi altro componente aggiuntivo. Dopo questi passaggi, dal kernel di Linux LTS si arriva al Device Kernel che rappresenta il cuore di ogni dispositivo.

In questo modo, diventa impossibile modificare il kernel di Linux una volta che il dispositivo è stato realizzato.

Il test

Per evitare tutti questi passaggi, Google ha utilizzato un PocoPhone F1 per mostrare un software Android basato su un kernel di Linux puro. La dimostrazione effettuata non era esente da difetti. La percentuale della batteria, per esempio, segnava 0%. L’obiettivo degli ingegneri di Big-G comunque è quello di utilizzare un’interfaccia nel kernel Linux (Generic Kernel Image) che permetta il caricamento dei driver di dispositivi proprietari come moduli plug-in evitando così modifiche al kernel stesso.

In altre parole, i produttori di dispositivi Android potrebbero utilizzare il kernel standard di Linux aggiungendo man mano i moduli di cui hanno bisogno a seconda dello specifico caso. Il progetto, in pratica, segue un po’ il principio di modularità inaugurato con Project Treble. L’idea di avvicinare il più possibile Android al kernel standard di Linux ridurrebbe il sovraccarico tecnico per tutte le società coinvolte, Google in primis, che non dovrebbero più unire migliaia di modifiche in ogni nuova versione del kernel Linux.

Il parere degli sviluppatori Linux

Insomma, si tratta di un progetto ambizioso che non è detto che possa realizzarsi. Parte della comunità di sviluppatori Linux, inoltre, è contraria all’idea di un’interfaccia kernel stabile che – a parer loro – metterebbe a rischio la stabilità del sistema stesso.

Lo sviluppo del kernel è continuo e procede rapidamente, non si ferma mai. Gli sviluppatori scovano bug nelle interfacce e, di giorno in giorno, trovano vie migliori per fare le cose […] Questo modus operandi è in netto contrasto con quanto viene fatto nei sistemi operativi closed source che devono mantenere il supporto per le vecchie interfacce nel tempo. Così facendo cresce la probabilità di fare danni e si abbassa la stabilità del sistema operativo. Inoltre, se le interfacce interne non possono essere modificate non è possibile correggere i bug” è il commento di Greg Kroah-Hartman, importante sviluppatore Linux.

In tutto questo contesto, non bisogna dimenticare che Google è al lavoro da tempo su Fuchsia, il nuovo sistema operativo che non utilizza il kernel Linux come Android e ChromeOS, ma il microkernel Zircon che funziona in maniera differente rispetto al sistema del robottino verde.

Alcuni consigli per gli acquisti

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